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La dichiarazione di Fallimento non interrompe il processo pendente in Cassazione

Accade che, nel corso di un processo, una delle parti sia coinvolta in una sentenza di fallimento, la quale determina il passaggio della legittimazione processuale al curatore ai sensi dell’art. 43 L.F.
Gli effetti determinati dall’intervenuta dichiarazione di fallimento differiscono a seconda che il giudizio risulti pendente avanti alla Commissione tributaria oppure in Cassazione.

Infatti

  • Gradi di merito art. 43, comma 3, L.F.  Interruzione automatica del processo per Fallimento art. 305 c.p.c. prosecuzione o riassunzione del processo entro il termine di tre mesi dall’interruzione del processo;
  • Processo tributario art. 43, comma 1, L.F. Interruzione del processo per Fallimento del contribuente art. 43, comma 2, D.Lgs 546/92 riassunzione del giudizio mediante presentazione di istanza di trattazione nel termine di sei mesi dalla dichiarazione di interruzione del processo.

La disciplina differisce nel caso di giudizio di Cassazione. Infatti, secondo l’orientamento della Suprema Corte “il fallimento di una delle parti, avvenuto dopo l’introduzione del giudizio di cassazione non ne determina l’interruzione, atteso che in tale giudizio, nominato dall’impulso d’’ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo” (Cass. n. 15928/2021). La mancata interruzione del giudizio di Cassazione sarebbe, dunque, giustificata dal fatto che, instaurato il giudizio, lo stesso prosegue a prescindere da qualunque atto di parte.